Salario minimo in Italia: la maggioranza blocca l’emendamento in Aula, le opposizioni non si fermano.
Il dibattito sul salario minimo in Italia si è nuovamente acceso in Aula, durante la discussione del ddl Lavoro. L’emendamento che avrebbe introdotto una retribuzione minima di 9 euro lordi all’ora è stato respinto dalla maggioranza con 148 voti contrari contro 111 favorevoli, e con l’astensione di Italia Viva. Una decisione che lascia irrisolta una questione cruciale per milioni di lavoratori.
La battaglia per il salario minimo in Italia
Il tentativo di inserire il salario minimo di 9 euro lordi all’ora nella legge italiana è stato bloccato ancora una volta. Le opposizioni, guidate dal Partito Democratico e dal Movimento 5 Stelle, avevano proposto un emendamento al ddl Lavoro, che avrebbe finalmente stabilito un tetto minimo salariale. Tuttavia, la maggioranza ha votato contro, proseguendo una linea già adottata lo scorso anno, quando il governo aveva rinviato la discussione più volte.
Lo scorso anno, il governo Meloni aveva affidato la discussione sul salario minimo al Cnel, presieduto da Renato Brunetta, rinviando la proposta in commissione. Alla fine, era stata approvata una legge delega che prevedeva interventi generici affidati al governo, ma senza affrontare direttamente il tema. Oggi, con il voto contrario, il governo sembra voler evitare il confronto diretto su una questione sempre più sentita dalla popolazione.
Secondo Arturo Scotto, deputato del PD, il governo “scappa dalla realtà” ignorando l’emergenza salariale, mentre il leader del M5S Giuseppe Conte ha dichiarato: “Non ci arrenderemo mai. Torneremo a interrogare le vostre coscienze”.
Anche Nicola Fratoianni ha sottolineato come il rischio povertà incomba su chi ha la fortuna di avere un lavoro, mentre Italia Viva ha spiegato la sua astensione, chiarendo che non è contraria al salario minimo, ma piuttosto alle modalità con cui questo verrebbe finanziato.
Una proposta che non si arrende
Le opposizioni non intendono fermarsi. Oltre all’emendamento, stanno portando avanti una proposta di legge di iniziativa popolare per introdurre il salario minimo, che ha già superato le 50.000 firme necessarie per essere presentata in Parlamento. Una battaglia che, secondo gli esponenti di sinistra, è destinata a proseguire anche in futuro.